Alessandro Cerroni, anno 2020
Figura genitoriale paterna e danno da deprivazione - AIPG (aipgitalia.org)
I profondi mutamenti socio demografici, che hanno investito l'Occidente dal Diciottesimo al Ventesimo secolo, hanno generato cambiamenti e trasformazioni nelle strutture familiari che fino allora erano rimaste in una dimensione preordinata in quanto concepite come “biologiche”.
In particolare il ruolo della figura paterna è stato ed è tuttora oggetto di una profonda riorganizzazione legata al bisogno di adattamento alle trasformazioni ambientali che percorrono le società contemporanee. Ad essere mutata è in prima istanza la famiglia soprattutto “nelle relazioni di autorità e di affetto esterne ed interne all'unità coniugale elementare”(Barbagli,1988). E’ venuto meno il controllo della comunità e della parentela rispetto alla scelta del coniuge, ciò ha consentito l’affermazione del matrimonio basato sulla libera scelta di amore e di attrazione e dunque si sono modificati i rapporti tra i coniugi. La differenza di età tra moglie e marito, un tempo necessaria per garantire una dimensione di controllo dell’uomo sulla donna e del padre sui figli, appare oggi superata. Inoltre i cambiamenti legati alle scelte riproduttive hanno portato ad avere meno figli ed un maggior quantitativo di risorse materiali e di tempo, determinando modificazioni interne alla coppia anche nella dimensione comunicativa.
In tutto ciò il padre ha smarrito l’originaria cornice di autoritarismo e posizione per rincorrere e ricreare un altro modello di paternità più vicina al mondo degli affetti e delle relazioni e meno all'aspetto di potere.
Si è passati dalla figura del padre padrone, normativo e lontano dai bisogni fisici ed emotivi dei figli, ai cosiddetti “padri partecipanti” desiderosi di creare una relazione fondata sull’affettività e sulla condivisione(Andolfi 2001). Questi rivendicano sempre maggiore spazio nell’accudimento, nella cura e nella vita familiare già dalle prime fasi. Propongono una genitorialità maschile inusuale rispetto a quella tradizionale ereditata dal femminismo e dall’ antiautoritarismo degli anni Sessanta.
Appare evidente la discontinuità rispetto ai padri di un tempo: uomini emotivamente difesi che vivevano la loro vita sociale lontano dal nucleo familiare delegando alle mogli il governo materiale ed affettivo della casa. Questi entravano nella relazione con i figli tardivamente, portando i limiti e le regole di una convivenza basata su una forte separazione tra i sessi.
Questo passaggio determina sempre più la figura di un uomo-marito-padre in crisi in quanto non più protetto dal rinforzo sociale del ruolo, ma spiazzato dai cambiamenti di emancipazione della donna e dal venir meno di un principio di imposizione di regole e autorità.
Al di là dei mutamenti socio-culturali il ruolo psicologico del padre resta quello di proporre ai figli una relazione affettiva attraverso le funzioni adulte riuscendo ad essere interlocutore attivo nella complessa dinamica di svincolo, caratterizzata da un sano conflitto per la strutturazione della personalità e della crescita psicologica.
La figura del padre dovrebbe essere capace di creare un clima di protezione, di infondere fiducia e sicurezza, di saper tenere e contenere, di esercitare un ruolo normativo e strutturante. Può rappresentare un attore meno coinvolto rispetto alla madre, ma competente nel tenere insieme la gestione del conflitto ed il legame d'amore indispensabili nel consentire lo svincolo adolescenziale nel quadro di una crescita quanto più armonica. All'interno del ciclo vitale sicuramente l'adolescenza rappresenta la fase in cui la funzione paterna esercita un compito vivificante in grado di favorire la nascita sociale dei figli sostenendo attraverso la frustrazione un'organizzazione del pensiero e delle prove di realtà, strumenti necessari per un processo di separazione e autonomia.
Il venir meno di queste funzioni per assenza fisica, disimpegno, patologie depressive narcisistiche, per legami irrisolti con la famiglia di origine o per conflittualità di coppia lascia impressi nei figli impronte indelebili, segnati da una marcata incapacità a stabilire legami affettivi ed empatici sbilanciando in modo disfunzionale le relazioni familiari.
Dott. Alessandro Cerroni
Psicologo e Psicoterapeuta Roma e Rieti